Tra Romagna e Toscana


La zona di Piancaldoli fu elemento del Contado Imolese fino al 1256, anno in cui i Bolognesi sottomisero Imola, e successivamente dal 1292, quando i Comuni della montagna fecero giuramento di fedeltà alla città di Imola fino a quando nel 1328 la suddetta famiglia dei Samaritani vendette Piancaldoli al Senato di Bologna per un valore corrispondente a 1290 lire di moneta bolognese a quel tempo.

Ma date le difficoltà di tenere in pace il paese, situato in zone che spesso erano teatro di guerre tra signori e signorotti, con una Breve di Papa Innocenzo VI nel 1360 Piancaldoli venne assegnato in feudo a Giovacchino di Mainardo Novello, il quale, ucciso a tradimento dal fratello, lo lasciò in eredità al Comune di Firenze. Il Legato di Bologna rivendicò i suoi diritti sul territorio ed i Fiorentini, al fine di evitare contrasti con la Chiesa, si ritirarono dietro un compenso di denaro.

Quando però questo legato cercò di estendere il suo dominio verso la Toscana, i Fiorentini ricorsero al Papa, che nel 1405 riconsegnò la Rocca di Piancaldoli a Firenze.

A questo punto della storia di Piancaldoli vi fu una serie di anni trascorsi in tranquillità, fino a quando, nel 1480, il conte Girolamo Riario, Signore di Imola, ricevette dal Pontefice, suo Signore, l’investitura dello Stato di Forlì, comprendente anche l’Imolese e Piancaldoli, suscitando l’ira di Lorenzo de’ Medici, le cui truppe affrontarono quelle del Riario proprio nei pressi della Rocca che sovrasta il paese che, dalla consorte del Riario, Caterina Sforza, prese il nome, in una battaglia nel 1488 in cui perse la vita un tale Cecca, inventore di catapulte ammirato in tutto il territorio fiorentino. L’episodio è narrato da Niccolò Machiavelli, che a Piancaldoli sostò durante un suo viaggio verso Imola, nelle sue Istorie Fiorentine.